UNA FORMA DI RESISTENZA COME TANTE ALTRE

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lunedì 5 gennaio 2009

un nuovo danno

ci lasciamo alle spalle ottomilasettecentosessantanove ore

le mangiamo voracemente

tralasciando la raccolta differenziata con incalcolabile piacere

siamo nebbia che mangia l’ orizzonte

in nottate così padane da farci schifo

che ci riflettiamo nelle vetrine delle butìc infrante da troppi malcontenti

che non siamo mai stati contenti

tu che se fossimo a napoli butteresti giù me dal balcone

io che ti riserverei l’ ultima pallottola dell’ ultimo caricatore dell’ ultima pistola non ancora sequestrata

noi che siamo durati quanto una carta incendiata

per lobotomizzarci i cuori augurandosi buon anno

lasciamoci soltanto distese di buio fuori dalla porta

e botti inesplosi tra le lenzuola

ammiriamoci da un nono piano qualsiasi

ora che siamo necropoli sottovetro

barattati con parcheggi interrati a pagamento

in pieno centro

e il partenone di bussolengo che andrebbe raso al suolo

come i nostri entusiasmi

come i campi rom

come il tuo guardaroba

che è una grande consolazione a quattro ante

e andiamo a toglierci il fiato sulle ande

come quando giravamo per casa con l’ afa insopportabile

che avevamo l’ equatore sul terrazzo

in cerca di sigarette e dissetanti

che ci sentivamo obesi

solamente in mutande

che ci sembravamo in prima serata a tirare su l’ audience

e la mattina c' era la luce del sole che vivisezionava le serrande

illuminando il rimpianto del non poterti vedere grande

perché siamo un aborto spontaneo

come la notte di capodanno in cui con una pisciata sulla neve ti ho scritto “ti amo”

eravamo così squattrinati che i fuochi d’ artificio in piazza li abbiamo visti in bianco e nero

ed era bello tenerti la fronte mentre in tangenziale vomitavi un arcobaleno

era bello per davvero.


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