UNA FORMA DI RESISTENZA COME TANTE ALTRE

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mercoledì 24 marzo 2010

a cosa servono le lacrime se non a pulire il volto dei vostri errori?

ogni tanto penso che si dovrebbe anche dormire
più spesso mi capita di pensare che si dovrebbe anche vivere
così finisco per non dormire
quando tu ti svegli alle sei
per preservare il tuo ordine gigante
io a mezzogiorno
per alimentare il mio disordine ingombrante
ma entrambi dispersivi da fare invidia allo stato liquido e un po’ anche a quello gassoso
grazie a dio con la musica sopprimiamo il tempo
tornando a morderci le braccia per farci gli orologi che vogliamo
telefonami come si fa nei film
mentre sorprendentemente ho rispettato le scadenze
merito del caffè che esonda dalle nostre palpebre
colpa di questa casa che non ospita mai il sole
ora mi sento una persona per bene
per qualche giorno
voglio morire
di vecchiaia
è una sensazione così strana dopo settimane di inadeguatezza e paraurti
lo sapeva bene adriano meis
sopravvivere al proprio funerale non è da tutti
così si spiegano tutti i nostri terremoti interiori quotidiani
e quella voglia stronza di romperci addosso tutto ciò che va per il meglio
solo per il gusto di rimettere assieme i cocci
sdraiati sul divano che non abbiamo
deridendolo
questo amore empirico
abbracciandolo
questo amore contundente
forti della nostra infinita unità nella varietà
e l’ atteggiamento un po’ blasè delle rockstar che sempre più ci assomigliano
noi che non possiamo restare indifferenti
di fronte alla sensibilità e all’ impegno pluridecennale
dei bagni degli autogrill
nell’ affrontare l’ annoso problema dell’ aids
molto più del santo padre
cazzo
noi che rifiliamo sberle ai porci
il carcere duro per alcuni
la vita fuori un po’ più dura per altri
ma se avessi tempo
oh se avessi tempo
ti porterei in vacanza una settimana intera
al centro commerciale
sezionarlo per contare i cerchi e conoscerne l’ età
e accorgerci che sono gli extracomunitari i più sensibili i più affezionati i più riconoscenti
quando i nostri genitori ci auguravano la mediocrità
dimmi quanto si poteva credere nel futuro
io guido ancora la panda rossa di mia madre
con il terrore di riconoscermi in camere separate
l’ italia tornerà tutta in campagna
senza riflettere sull’ importanza di conoscere le lingue durante la seconda guerra mondiale
per sopravvivere in territorio nemico
esattamente come noi che cerchiamo di capirci a vicenda
ti invado l’ asciugamano con tre carro armati e un cd masterizzato
con tutte quelle canzoni che eravamo convinti di essere stati noi a scoprire per primi
l’ ingenuità del punk
e il darsi tutto senza una data di scadenza
aggrapparsi l’ uno all’ altra con tutta quella veemenza
sfondare porte mai progettate
stringersi da farci cianotici mentre tuona vic chesnut
che mi hai cambiato come i colori con la tv nel millenovecentosettantasette
e ora ci scusiamo per l’ interruzione a causa di qualche problema tecnico
per tutte le scenate
che questa città è troppo piccola
che nulla è più complicato della sincerità
che tanto tu non mi crederai mai più
come si fa con i pentìti
noi stupìti
dal fatto che le vittime della camorra iniziano nel milleottocentosessanta
mille
ottocento
sessanta
mentre capiamo che si è unita prima la mafia del regno d’ italia
mentre capiamo che si è unita  prima la mafia della repubblica
mentre capiamo che si è unita  prima la mafia di noi
ci passa un pò quella voglia di volersi
bene
chiedi a giovanni corrao quanto siamo in ritardo
siamo arrivati a strage finita
chiedi ad enzo palmesano se ha una vita di scorta
siamo tra gli insabbiati
per colpa dei troppi nu’ sacciu
diranno che ci siamo suicidati
i preti non ci faranno nemmeno il funerale
i giornalisti scriveranno del colore dei nostri calzini
schiavi
di uno stato che ci guida in stato di ebrezza
qui al sud non è un peccato uccidere ma opporsi
e adesso ridi amore mio
ancora una volta
che il revisionismo insiste alle nostre spalle
e domani scriveranno che piangevi
ma per fortuna l’ uomo libero ricorda
una voce nel vento
chiedi a mauro rostagno se questa lotta continua.


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