UNA FORMA DI RESISTENZA COME TANTE ALTRE

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giovedì 18 dicembre 2008

la dittatura del natale (un pò sia benedetta!)

concederci pessimi cappuccini e brioches in unti bar di stazione

colazione all’ etto perché il carovita si mangia tutto

dormono le papille gustative e dormono le bariste

per questo forse in bocca abbiamo il sapore del vietnam

è così presto che dormono anche i quotidiani e le riviste

avviamoci verso vagoni incatramati oggi vestiti in bianco per farci riflettere

parliamoci mentre siamo in partenza che il rumore meccanico giustifichi il nostro ignorarci

oggi che abbiamo scoperto che siamo inversamente proporzionali

restiamo a nostro agio nel disagio come i maiali

sulle spalle abbiamo zaini che sembrano armadi

per non andare mai da nessuna parte

per coltivare funghi nei nostri stivali

carichi per tornare sempre e comunque a casa

noi torniamo sempre e comunque a casa!

noi torniamo sempre e di metafore qui ne uscirebbero fino all’ overdose

guardando avanti come un presente discretamente ottimista

candidiamo il pessimismo

non mi lavo più la faccia da quando mi hai detto che tra i più egoisti sono il primo della lista

le industrie in ritardo ci scavalcano

i cimiteri si alzano e camminano

per scrollarsi di dosso la neve

mentre sorrisi stanno aggrappati alle nostre bocche con due puntine ormai logore

sarà che queste montagne attorno ci proteggono come l ‘antiruggine

e con i pochi giorni che mancano a natale siamo costretti a sentirci

a sentirci addirittura in colpa per via del nostro sentirci tristi

a natale saremo anche tutti più buoni ma è proprio il signor natale a non esserlo con la sua dittatura felice

così mi dici

e in un impeto di diplomazia come i semafori la notte aggiungi che perdoni le mie scelte che sono scarpe slacciate

perché gli anni più stronzi della vita non ce li ridanno

per cui tanto vale

io sistemandomi gli occhiali appannati che porto raramente ti ringrazio

perché non mi prendi mai sul serio quando dico che mi ammazzo

perché finiamo per addormentarci avvinghiati anche quando ci stiamo sul cazzo

perché riesci a starmi dentro nonostante il poco spazio

nonostante le esondazioni di bile

quando ho dovuto minacciarti con l’ argenteria di tua madre

per farmi portare al cinema a vedere quel film sui diari e le motociclette in lingua originale e senza sottotitoli

e le sigarette nei parcheggi di una grande mela che svetta su tutto

andiamo a vivere dietro a new york

a fare la spesa con prodotti rigorosamente sottomarca

la birra birra il latte latte la cola cola i biscotti biscotti

così per sentirci un po’ scontati

un po’ come la storia che oggi più si è normali e più si è anomali

un po’ come la storia che siamo rimasti solo io e te senza i tatuaggi

e una cena assieme senza scarnificarci è olio per ingranaggi

ora che passo ogni notte a guardarti mentre progetti i nostri paesaggi.


lunedì 15 dicembre 2008

amori col compasso

mi dici che il mio umore è vario come le banlieues francesi degli anni settanta

io ti rispondo che noi siamo peggiorati come le banlieues parigine del duemila

che per riavviarci ci siamo disinstallati le emozioni infettate e formattato i sentimenti

che per cancellarci ci facciamo infiniti bagni immersi in formaldeide

che per imbalsamarci i cuori ci spareremo addosso a più non posso

e gli amori scelti puntando un compasso su una cartina geografica trovata in macchina di tuo padre,

gira tutto intorno alla stanza mentre svanisce la speranza degna di un malato terminale ,

così mi escludi per una manciata di chilometri che pesano come i viadotti che ci separano

tu percorri strade che diventano specchi

mentre io mi blocco davanti a svincoli che portano soltanto a futuri imperfetti

ora che rivorrei anche solo tutti i tuoi difetti

tempi moderni di ballate dei playboy in tv e di verità in confetti

collegare con una bic i tuoi nei e scoprire che non parlano di me

vestirsi male per il cattivo gusto di farlo

esaurire tutte le idee e buttarla sul romantico come ora

e magari abituarsi, abituarsi è comodo ma soprattutto brutto

soprattutto quando ci si abitua anche alla pioggia come in questi giorni

tutti tranne noi

così ci ripariamo correndo coi sacchi neri della spazzatura rubati in stazione

perché non siamo nati previdenti, nemmeno con la camicia

che comunque sia a quest’ ora sarebbe fradicia

dopo aver scoperto che ci sono anche poliziotti gentili che ti porgono coltelli

per amputarci i cuori, per sopravvivere

ieri che scendeva tanta acqua da piovermi in testa, dentro,

e tu là sei affogata tra pensieri che sanno di traffico e smog

perché non siamo in grado di svuotarci, per rianimarci,

i ladri di emisferi ci hanno rubato le estati da qui al tremila ma tu non disperarti.


tempi trapassati

cosi una mattina mi svegli con le granate
dopo una notte di discussioni discutibili
come l' utilità del diritto di voto in democrazia,
camera tua è una trincea
io decido che sarà quello il giorno in cui ti porterò a viaggiare nel tempo
cavalcando i tassi di interesse, a scopare sdraiati in campagne elettorali.
le tue braccia sono rami spezzati lungo fiumi incendiati
andiamo a vedere la crisi della michelin il secolo è a metà strada
e quasi tutti tornano dal lavoro ancora a piedi, in fila
perché i marciapiedi sono timorosi
gli operai ragionano a quintali riguardo le loro giornate che hanno più peso delle nostre.
tu raccontami degli anni in cui per fumarsi in faccia non serviva chiedere il permesso
quando i bar li riconoscevi dagli odori, socialmente catalizzatori
ieri donne e motori oggi debiti e tumori
per le nostre vite che sono disegnate male
mentre straripiamo in cucina annegati da un qualunque missisipi
cullati da un cash flow sbronzo a fine serata
del nostro futuro non si sa nulla la sua prognosi è riservata.

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