UNA FORMA DI RESISTENZA COME TANTE ALTRE

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martedì 1 dicembre 2009

ci hanno fermati in novantatre ci hanno rilasciati in novantadue

milano è l uomo grigio

ci spaventiamo davanti ai suoi cantieri

ci intratteniamo con i suoi vecchi che hanno tutte le risposte

ci rifugiamo nei suoi alberghi che sembrano uffici

una camera doppia per favore

che chiamarla matrimoniale ci sembra troppo avventato

che accarezzandoci abbiamo svegliato il vicinato

le prime sigarette del mattino battono in testa che mi sembra di svenire

e le nostre vene artistiche ostruite

subappaltate

pensiamo intensamente alla tesi del surriscaldamento globale per sentirci meno congelati ma non funziona granchè

mentre cerco di convincerti che la più valida alternativa al vivere non è morire ma dormire

questa settimana ho fatto le analisi del sangue

avevo il narcisismo a mille

e adesso ti lascio

i lividi

lontano chilometri da quando ci accoppiavamo per otto ore con pause di quindici minuti come i leoni

in quei quindici minuti facevamo l’ amore

poi tornavamo a graffiarci

i nostri nomi un po’ dappertutto

non possiamo fare a meno di ammettere che più che anni luce i nostri sono stati anni bui

a consolarci solo un certo benessere all’ altezza del cuore

incasinatissimo ma ben arredato con tutti i confort necessari

per respirare meglio a qualche metro sopra gli altri

e gli avvisi dei missili nemici in arrivo

via sms sui nostri cellulari

sui nostri arti

per limitarci

e le forze dell’ ordine

sì ma quale ordine?

noi che non abbiamo difese oggi teniamo in aria le mani

ci limitiamo ad accusare forse più nel senso passivo che attivo del termine

delegittimazione della verità revisione della realtà

cambiando l’ ordine degli addendi il risultato non cambia

revisione della verità delegittimazione della realtà

ci è stato insegnato

apri gli occhi

che le nostre sveglie sulla sfiducia ormai non suonano più

costretti a guardaci le spalle siamo finiti per non riconoscerci

così stretti da perdere l’ identità e i relativi suoi spazi

cadere a terra e non rialzarsi più che stiamo tanto bene dove stiamo

la notte dei manganelli e la cronaca di guadagnucci

con le nostre colonne epistolari spezzate

ci vogliono analfabeti ma tu non ascoltarli

io voglio te

può bastare

la sublime pazzia della rivolta e le ambulanze che non arrivano mai

se solo sbadigliare fosse un gesto d’ amore quanto facile sarebbe essere ricambiati questa sera

invece chiudi gli occhi

come cuscino santi termosifoni che non contengono acqua ma accolgono sangue

perché tremi in questo luglio?

forse è per via della tua narcolessia che ti sembra tutto un sogno

succederà che rideranno

succederà che urleranno

quando loro arriveranno tu mandali da me

perdo io per entrambi

per dio e per entrambi

perderò

che il disordine è una forma strettamente personale di stupore

per ora noi lo chiameremo stabilità

per ora noi lo chiameremo stabilità

per ora noi lo chiameremo stabilità

quando ti chiederanno che scuola hai fatto tu rispondi sempre

le diaz.


venerdì 6 novembre 2009

la timidezza non è sinonimo di sensibilità

potevamo trovare lavori che non ci avrebbero permesso una casa

oppure potevamo trovare lavori che ci avrebbero permesso una casa

ma non il tempo sufficiente per tornarci la sera

così non abbiamo mai iniziato

resteremo aggrappati alle nostre giornate che sono ostacoli troppo ravvicinati

ancora una volta il paradiso è sempre per gli altri

ancora una volta abbiamo fatto tardi a forza di sbagli

la mattina mi svegli che sei già vestita come i supereroi

un bacio sulla fronte e il tempo di vedere solo le tue spalle che sono fazzoletti per tutti

i mie viaggi nei bagagliai per riabbracciarti

e a nostra difesa gli amici del triangolo lennè più forti di ogni muro

che ai suoi piedi si spara senza limiti di età

da zero a novantanove anni

ma i morti possono protestare se qualcuno li ricorda

mi hanno detto che il crollo è partito da danzica

gli operai di solidarnosc protestano contro la dittatura del proletariato

ho visto anche gli zingari felici

invece noi?

noi siamo i vinti

noi siamo i vinti

noi siamo i vinti

confusi come i discorsi tra tossici che si vendono tutto l’ oro che hanno addosso denti compresi

incredibili come cerchi nell’ acqua che non sanno nuotare

facciamo che mi troverai come tu mi vuoi

in questi pomeriggi ad accomodare la tua frangia estemista guardando un film di margarethe von trotta

siamo cinema deserti noi

che per rilassarci la domenica andiamo a fotografare quel che resta dei mercati generali

prima di nasconderci a scopare tra i tir che santificano le feste

e venirti così dentro da venirti in mente

per le nostre guerre intestine

fatte di ecchimosi sui cuori dei nostri giorni migliori

operarci a cielo aperto

con i manuali per la fabbricazione di bombe molotov editi feltrinelli

mettere in discussione soprattutto le nostre certezze

interrogarci su un millenovecentottantaquattro terribilmente attuale

abbiamo avuto il piombo il fango ed ogni giorno la dosa quotidiana di merda che ci cade addosso

che in questi ultimi trent’ anni non c’ è stato raccontato nulla degli spari in città

per questo coviamo in grembo figli di curiosità che hanno come madre la passione per la realtà

ci legheranno i polsi

ci chiederanno cosa ci troviamo in certi edifici orrendi come l’ inverno caldo

non lo vedono il loro fascino silenzioso amica mia

che se fossi più bella non mi piaceresti

che rimbocchiamo le coperte alla luna per restare a toccarci in solitudine come gaber

e invece ci sono notti che non accadono mai

così ci elenchiamo tutti i nostri più orrendi difetti prima di baciarci

per evitare di rinfacciarci un giorno il fatto che saremo cambiati

m' importa 'na sega

poi mentre smetteva di piovere ci siamo presi per mano

occhi chiusi con ago e filo

e ci siamo fatti saltare in aria come a bologna

così è scoppiato il nostro amore

adesso che non ne è rimasto nemmeno un maledetto pezzo

vorrei farti vedere la mia vita.


martedì 20 ottobre 2009

ci siamo studiati male come la geografia e adesso non sappiamo più dove siamo

e con l autunno te ne torni anche tu

che ci avevano dipinti per intero ma senza piedi per non allontanarci

e invece guardaci adesso siamo territori invalidi così all’ estremo da confinare

sulle nostre cartine geografiche con i buchi ingestibili come il pozzo di alfredino

il cervello in metropolitana e il cuore ancora a letto

che ci dormiremo in tre per i prossimi cinque mesi scambiandoci i sogni

e poi gomitate calci piedi sotto zero e frasi incomprensibili

io in mezzo a fare da filtro per il nostro sonno che è un motore in panne su statali in cui piove sempre

svegliarsi con i lamenti delle navi da crociera al mattino

non ci sentiremo più le braccia poi non ci sentiremo più e basta

non c’è più pazienza

pazienza se non c’ è più

ci abbracceremo solo con il cielo sereno

nelle prime ore del giorno lattiginose e alquanto scadute

dividerci una tazzina di caffè in cucine esplose la notte

e i nostri fondi neri come certe colazioni a base di nicotina

che avevo detto che smettevo invece ho smesso di dirlo

sballottati come padri orfani e amanti vedovi

tra il tamigi e le sue anse le tue ansie e le nostre distanze

tanto da essere cibo e anoressia

e amore sia

che se guardi bene il mondo è solo una grande isola

noi naufraghi dipendenti dalle nostre protezioni incivili

nei fiumi tossici del nordovest

che volevamo tutto e ci siamo sempre dovuti accontentare di qualcosa

nel vondel park oggi nessuno balla in silenzio dietro ai cespugli invischiato nella tela del delirio psichedelico

e i cambi di look con l’ arrivo di ogni nuova stagione

che ci troviamo rinnovati come i protagonisti dei telefilm pomeridiani che iniziano già iniziati

abbiamo finito le strade per evitarci

terrorizzati talvolta dalle nostre vene così ingombranti

gli amici che non si permettono mai il lusso di ridere

e i regionali ad otto euro per perderci in valli che sono madri opprimenti

fumarci tutto quello che riusciamo

nell’ attimo brevissimo in cui le porte si aprono arrivando e si richiudono partendo

e quelle barriere fonoassorbenti del cazzo mi dici che ti fanno cagare

che non vedi più niente fuori tanto valeva fare i treni senza finestrini

per finire in cina a farci clonare sperando vada un tantino meglio questa volta

con gli occhi puntati verso l’ alto per sparare alle nostre ambizioni difettate

che tanto tutto quello che vediamo delle stelle sono vecchie fotografie

delle mie assenze ingiustificate

con il morale che è finito sotto il livello del mare

affogare per rendere meno insipide le nostre esistenze

e tutte le volte che abbiamo fatto le ore piccole per rendere più grande il nostro tempo

che dovevamo sposarci e invece ci siamo tatuati dove cazzo capitava

per andare un po’ più sul sicuro riguardo quel concetto del per sempre

che fondamentalmente è uguale a mai.


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