UNA FORMA DI RESISTENZA COME TANTE ALTRE

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mercoledì 8 dicembre 2010

rivoluzioni natalizie

il tuo periodo crivellato di dubbi
tipo che non sai se ti mette più ansia chi tra i nostri amici il lavoro l' ha già trovato o chi ancora no
oppure se mi ami alla follia o se è una follia amarmi
io invece continuo a farmi scivolare addosso di tutto
che anche abbracciarmi è un impresa con me
l' unico contratto a tempo indeterminato che sono riuscito ad ottenere finora è quello con il ritardo
e il nostro futuro sono due corpi legati ai sedili di una macchina sul bordo di un precipizio
con il mattone pressato sul pedale del freno
così ti accompagno a prendere dei mezzi alternativi per andartene
ancora una volta
e solo adesso che sei lontana da una buona mezz’ ora mi accorgo che piove da tre giorni
è quel poco di cuore rimanente che si diverte a distrarmi

imprevedibili noi come la faglia di sant' andrea
comunque per natale ho deciso
ti regalo un vagone di trenitalia in fiamme
che lo desideri da tanto
se fai la brava anche un treno intero
lo guardiamo bruciare in giardino

con il caldo sarebbe tutto molto più semplice
prendere coscienza del nostro disobbedire
per andare oltre i nostri palazzi bombardati dalle imposizioni
e le mie emergenze
voce del verbo emergere
vedere quello che ancora non c' è
perché sta poco più sopra del pelo della percezione
solo in questo troviamo il senso del continuare a vivere
nonostante il peso del tempo finito.

lunedì 8 novembre 2010

ailati

osservando i luoghi in cui vivo
ho ragione di pensare
che esista un ordine superiore
in grado di far sparire tutti i più brillanti e validi architetti
nei pilastri e nei muri dei cantieri italiani
in modo da rendere il paese in cui vivo sempre più pacchiano
tanto che mi accontenterei fosse brutto.

venerdì 15 ottobre 2010

l' amore ai tempi dei trasporti

quando mi scortavi in stazione
perché dovevo tornare nella mia città
prima che iniziasse un’ altra settimana da orfani
l’ attesa
l’ attenzione ai gradini
le persone ammassate una sopra l’ altra
le frenate brusche e le ripartenze ci tenevano legati a pezzi di acciaio freddi e rassicuranti
poi ci siamo presi
le mani
quelle libere ovvio
io stavo in piedi tu seduta
ci siamo guardati per qualche secondo
e così come quando si viene al mondo abbiamo iniziato a piangere
però di felicità
perché come quando si viene al mondo noi eravamo nel senso di esserci
la differenza tra libertà e soffocamento è qualcosa che si affronta successivamente
abbassavamo lo sguardo e lasciavamo scendere le lacrime
discreti perché voglio dire chi si mette a piangere in coppia su un mezzo di trasporto pubblico?
dio se eravamo belli
che di certo ci avrebbero perdonato anche il non avere un biglietto
il mio
tu non eri mai senza
pensavo fosse amore invece era un autobus
per questo sono qui su questo marciapiede aspettando che ripassi.

venerdì 24 settembre 2010

i ricordi sono un niente che circonda il tutto

quando mi imboccavi a forza
perché dopo dieci giorni dovevo pur mangiare qualcosa
perché gli spigoli sanguinavano se li urtavo e non me ne dispiacevo poi molto
perché i miei chili pesavano meno dei miei pensieri
e le forchette spinte a forza contro la bocca che era un casello autostradale in manutenzione
il mio ritrarmi silenzioso al massimo mugugnante
che dopo minuti lenti come mari finivi per sembrarmi una madre ostinata
e così guardandoti ridevo
tu ne approfittavi per infilare quanto più cibo riuscissi in quelle frazioni di secondo lunghi fiumi
invece che ridere con me per una volta
solo una
prima che ricominciassi a urlare
quando arrabbiato guardi il mondo e ci provi a cambiare
ma tutto procede secondo piccoli cataclismi
pianissimo e con i buchi dentro poi
come le sigarette che non vorresti finissero mai
perché altrimenti ci si deve salutare
ne accenderemo una dietro l’ altra
con la fiamma della quinta alimentiamo la sesta
sacrificarsi per il prossimo
come i parti più sfortunati
così resteremo assieme per sempre
proprio qui fuori al gelo
con tumori profondi che mi dispiace non c’è più niente da fare
solo allora rimarranno pochissime cose
gli occhi malinconici di mio padre dal millenovecentosettantasei
gli occhi di mia nonna che non ho mai visto spenti dal millenovecentosettantasei
quelli di mio nonno troppo stanchi dal millenovecentosettantasei
però ci facciamo il bagno dentro noi che sembra la sardegna
andare in fondo per poi risalire
come il vomito che sento farsi spazio tra gli organi infermi
uscire naturale come le bestemmie tra i monti
e infine i tuoi occhi capienti
prima di sporcarmi
prima di sporcarti
la vita.

mercoledì 18 agosto 2010

l' andare avanti comporta sempre un addio

non saremo normali mai
abbiamo perso perdiamo e sempre perderemo
per consolarmi penso da anni che qualcuno lo dovrà pur fare
voglio dire questo copione è il nostro destino
ogni tanto vorrei che le nostre giornate fossero concentrate come nei telefilm
tresettimane in ventiminuti
pranzo in uno cena in due gioie in quattro tristezze in tanti
invece noi siamo falene che si ostinano a sbattere contro lampadine incandescenti
sia benedetta l’ elettricità che ci attraversa e ci fa precipitare al suolo
l’ uomo è una cosa vertiginosa
l’ uomo è una cosa vertiginosa
l’ uomo è una cosa vertiginosa
perché dove finisce la natura inizia l’ ossessione
e scopriamo che se non si poteva essere seri a diciassette anni
a ventisei non si può fare di meglio
così oggi l’ ansia è una coltre di fumo passivo che ci circonda e non è certo di aiuto
perché già di nostro consumiamo tre accendini al giorno
come quando ci cercavamo le mani seduti scomposti ai nostri banchi di nebbia
sai mai che ci vediamo là
sia mai che ci vediamo là
tra le nostre fughe e quelle del pavimento
nonostante fosse estate
nonostante fosse eterno
per non squagliarci nel letto ci limitavamo a tenerci per mano fianco a fianco pancia in su
come morti
poi il giorno che non siamo riusciti a resisterci tra le tue lenzuola
del nostro sudore ci abbiamo fatto un mare
di amore
ma siamo cuori dislessici dal futuro imperfetto
e per quanto procediamo parallelamente non ci incontreremo all’ infinito
madidi di scelte sbagliate che tracciano pur sempre una direzione
come quella di perdermi nelle tue parole alla ricerca di una nuova sintassi
perché alla fine siamo soltanto due pezzi di carne
a trentacinque centimetri di distanza
come cani
e dal momento che la solitudine è uno dei dieci incidenti casalinghi che fa più vittime
abbracciamoci tanto da essere parete e tetto
per non volare via nel nero
per ascoltarci davvero
che è strettamente necessario farlo mentre si vive sai?
altrimenti si finisce per stonare senza accorgersene
come quando canti con addosso le tue cuffie ingombranti
sono io a sentire che perdi l’ intonazione
ti prego facciamo sì che questo non ci accada
manteniamo la melodia
come matti
poi quando arriverà il momento giusto scordiamoci
radiamo al suolo i nostri ricordi
che la memoria è nemica dello stupore
e nonostante i rimproveri di chi ormai questa venezia la conosce a memoria tanto da esserne stufo
io la ringrazio per non avere ancora imparato ad orientarmi
così da meravigliarmi per quello che mi aspetta dietro ogni angolo voltato
dove ogni notte prego di ritrovare te
ora che ti ho dimenticata.

venerdì 21 maggio 2010

ma vuoi mettere risorgere?

le case dei nostri genitori si allontanano
le rivediamo in certe vecchie fotografie e ci chiediamo quando è successo che hanno perso tanto colore
che non ci sono mai sembrate tanto vivaci
l’ invecchiamento per tutto e tutti è cosa tanto inevitabile quanto impercettibile
giornate in cui aspettiamo soltanto la fine
giornate in cui cerchiamo soltanto il fine
quello che ci vuole è un appartamento più grande per contenere tutto questo amore
due cuori obesi
e le mie guance come cuscini quando ti addormenti
dopo l’ inverno più lungo del secolo  è giunta l’ ora di librarsi
superiamo gli ottomila metri di quota in volo per raggiungere il sereno
per raggiungerci
sereni
ogni tanto si può anche dire che stiamo bene
ogni tanto si può anche scrivere che stiamo bene
senza vergognarci degli esami sanguigni
diabete nei sentimenti
essere troppo stupidi per tutte le volte che siamo stati troppo scontenti
come quando fuori piove e le nostre migrazioni infinite non superano i cinquanta centimetri
i motori immobili
per portarti nella capitale tu che sei il mio capitale
e il reale così nudo da abbracciare
incomprensibile quanto i fiorai di roma che la notte non chiudono mai      
così la mattina ci troviamo ad addomesticare caffettiere
i segreti delle nonne per un gusto migliore che non scopriremo mai
la fortuna è solo il residuo dell’ intento
ma è già stato inventato tutto e noi dobbiamo davvero fare una fatica disumana per stupirci
ascoltando carmelo bene
lavoreremo senza un capo per essere un capolavoro
come la bellezza contro le mafie
dopo stragi come quelle di capaci e d’ amelio trovatecene altri capaci di meglio
qualcuno aiuti noi che siamo gli scarti
ci costringeranno a credere nel passato
oggi che siamo solo gioventù precotta
quella bruciata la piangiamo
intendo gli invisibili nati nella seconda metà degli anni cinquanta
tondelli pazienza rockstar finite prima definendo un’ iperbole
a noi non resta altro che linkarci i beatles di revolver
si dice che paul mc cartney sia morto già nel sessantasei quindi sostituito da un sosia ex poliziotto
a tutto questo ci crediamo
l’ unico che finge di essere vivo quando tutti vogliono spacciarsi per morti
un controsenso come noi
che ti stuferai di stare così bene con me troppo bene con me e mi abbandonerai un giorno
perché ti mancherà quel soffrire un po’ nella costante malinconia di un cielo variabile
allora ti lascerò tutte le settimane per tenerti sempre con me.

mercoledì 5 maggio 2010

reading @circolo malacarne Verona

oggi 5 maggio mi trovate ore 19 al circolo malacarne verona.


reading di presentazione dell' antologia, in cui è presente anche un mio racconto, CRONAHCE DAGLI ANNI ZERO.


www.malacarne.it



mercoledì 24 marzo 2010

a cosa servono le lacrime se non a pulire il volto dei vostri errori?

ogni tanto penso che si dovrebbe anche dormire
più spesso mi capita di pensare che si dovrebbe anche vivere
così finisco per non dormire
quando tu ti svegli alle sei
per preservare il tuo ordine gigante
io a mezzogiorno
per alimentare il mio disordine ingombrante
ma entrambi dispersivi da fare invidia allo stato liquido e un po’ anche a quello gassoso
grazie a dio con la musica sopprimiamo il tempo
tornando a morderci le braccia per farci gli orologi che vogliamo
telefonami come si fa nei film
mentre sorprendentemente ho rispettato le scadenze
merito del caffè che esonda dalle nostre palpebre
colpa di questa casa che non ospita mai il sole
ora mi sento una persona per bene
per qualche giorno
voglio morire
di vecchiaia
è una sensazione così strana dopo settimane di inadeguatezza e paraurti
lo sapeva bene adriano meis
sopravvivere al proprio funerale non è da tutti
così si spiegano tutti i nostri terremoti interiori quotidiani
e quella voglia stronza di romperci addosso tutto ciò che va per il meglio
solo per il gusto di rimettere assieme i cocci
sdraiati sul divano che non abbiamo
deridendolo
questo amore empirico
abbracciandolo
questo amore contundente
forti della nostra infinita unità nella varietà
e l’ atteggiamento un po’ blasè delle rockstar che sempre più ci assomigliano
noi che non possiamo restare indifferenti
di fronte alla sensibilità e all’ impegno pluridecennale
dei bagni degli autogrill
nell’ affrontare l’ annoso problema dell’ aids
molto più del santo padre
cazzo
noi che rifiliamo sberle ai porci
il carcere duro per alcuni
la vita fuori un po’ più dura per altri
ma se avessi tempo
oh se avessi tempo
ti porterei in vacanza una settimana intera
al centro commerciale
sezionarlo per contare i cerchi e conoscerne l’ età
e accorgerci che sono gli extracomunitari i più sensibili i più affezionati i più riconoscenti
quando i nostri genitori ci auguravano la mediocrità
dimmi quanto si poteva credere nel futuro
io guido ancora la panda rossa di mia madre
con il terrore di riconoscermi in camere separate
l’ italia tornerà tutta in campagna
senza riflettere sull’ importanza di conoscere le lingue durante la seconda guerra mondiale
per sopravvivere in territorio nemico
esattamente come noi che cerchiamo di capirci a vicenda
ti invado l’ asciugamano con tre carro armati e un cd masterizzato
con tutte quelle canzoni che eravamo convinti di essere stati noi a scoprire per primi
l’ ingenuità del punk
e il darsi tutto senza una data di scadenza
aggrapparsi l’ uno all’ altra con tutta quella veemenza
sfondare porte mai progettate
stringersi da farci cianotici mentre tuona vic chesnut
che mi hai cambiato come i colori con la tv nel millenovecentosettantasette
e ora ci scusiamo per l’ interruzione a causa di qualche problema tecnico
per tutte le scenate
che questa città è troppo piccola
che nulla è più complicato della sincerità
che tanto tu non mi crederai mai più
come si fa con i pentìti
noi stupìti
dal fatto che le vittime della camorra iniziano nel milleottocentosessanta
mille
ottocento
sessanta
mentre capiamo che si è unita prima la mafia del regno d’ italia
mentre capiamo che si è unita  prima la mafia della repubblica
mentre capiamo che si è unita  prima la mafia di noi
ci passa un pò quella voglia di volersi
bene
chiedi a giovanni corrao quanto siamo in ritardo
siamo arrivati a strage finita
chiedi ad enzo palmesano se ha una vita di scorta
siamo tra gli insabbiati
per colpa dei troppi nu’ sacciu
diranno che ci siamo suicidati
i preti non ci faranno nemmeno il funerale
i giornalisti scriveranno del colore dei nostri calzini
schiavi
di uno stato che ci guida in stato di ebrezza
qui al sud non è un peccato uccidere ma opporsi
e adesso ridi amore mio
ancora una volta
che il revisionismo insiste alle nostre spalle
e domani scriveranno che piangevi
ma per fortuna l’ uomo libero ricorda
una voce nel vento
chiedi a mauro rostagno se questa lotta continua.


venerdì 12 febbraio 2010

sono un ragazzo distratto e tu ti prendi gioco di me (i nostri problemi e quello dell' omosessualità in medioriente)

dov’ eravamo rimasti?
esausti
vestìti dalla testa ai piedi in camere da letto spoglie
il freddo più del tempo limita le voglie
imitare chiunque pur di farti ridere
pur di non essere me stesso
mentre mi dici che preferisci il sesso fatto bene al bene fatto spesso
non ricordiamo più da quando il tempo passa così velocemente
tanto che sembri entrare in guerra con il tuo ciclo mestruale una volta a settimana
tranquillizzàti dai tuoi ormoni assassini al posto nostro
le pillole del giorno prima del giorno odierno del giorno dopo
ma gli infanticidi avvengono più in casa che in utero
perdere madri e restare soli
come cuccioli di iena meno fortunati dei cuccioli di tigre
che orfani vengono allevati dalle altre femmine adulte del branco
per noi non c’ è nessuno
per noi sempre insieme come il tigri e l’ eufrate
congelarsi in estate e prosciugarsi in inverno
così malati da avere fiducia praticamente in tutto
che c’è tanto oro nelle bocche delle badanti moldave da costruirci un satellite
da farti toccare il cielo con un dito anche con due mani
forse camminarci addirittura sopra
poi precipitare con eleganza sotto l’ invisibile peso della mia vertigine
come la notte in cui guardandomi mi hai detto che ero un sogno
infatti la mattina seguente da poco sveglia già ti eri scordata di me
non ricordi nemmeno che dovevamo fare ordine nella nostra vita
invece hanno dato in affidamento anche le nostre stanze
e adesso
se solo potessimo volare all’ indietro come i colibrì
è questo l' unico pensiero che abbiamo oggi
dopo che ci hanno obbligati
con la forza
a bere litri di acqua e lassativo
dopo che i nostri canali rettali sono stati occlusi
con il mastice
mentre ci costringevano a confessare i nomi dei nostri amanti
deviati urlavano loro
dopo che ci hanno ritrovati
sul ciglio della strada
noi oggi facciamo esattamento questo cazzo di pensiero
tornare al punto di partenza
dopo che siamo morti
e noi volevamo solo amare
barba contro barba
in iraq.

venerdì 29 gennaio 2010


a quanto pare uno dei miei ristretti e depressi racconti è finito in un libro per la precisione nell' antologia di giovani scrittori CRONACHE DAGLI ANNI ZERO per giulio perrone editore e potete trovarlo e ordinarlo a questo link http://perronelab.it/node/281 altrimenti da marzo noi autori vari gireremo l' italia in compagnia dei due promotori del progetto enos rota e raffaele mozzillo per cose che assomigliano a conferenze e reading in bar librerie circoli di ogni genere e potrete comprarlo là io terrò aggiornati i pochi presenti quando saprò qualcosa di più ma non credo.

grazie.

lunedì 4 gennaio 2010

non mi tornano i conti perché sei il mio valore aggiunto (botte cerebrali di capodanno)

vedersi con il contagocce come fossimo una medicina

anche se poi muoriamo

allevando tumori

alleviando timori

siamo i più intelligenti animali domestici

ma in volo dal secondo piano non sopravviviamo

voglio andare a vivere in zona industriale dove i rifiuti li posso gettare nel giardino del vicino

che è la autodemolizioni più grande della regione

che è la gelosia più grande della ragione

come il mare che ti ho portato in pianura

dici che l’ amore è semplicemente fidarsi

dico che l’ amore è difficilmente fidarsi

dici che sono solo problemi miei

il confondere l’ amore con la vita

dico che abbiamo tempo

il sole non ci darà problemi per almeno un miliardo di anni

e adesso spogliati

di ciò che ti mette ansia e anche di qualche vestito non mi farebbe schifo

ho dentro più ricordi che se avessi mille anni

proiettiamoli in soggiorno questa sera

guardiamoli da lontano

come la mostra di hopper a milano

speravamo di vedere i nottambuli

in ognuno di noi

e la fine dignitosa di che guevara ci ricorda un personaggio di jack london

poi il libro di poesie di cortazar che mi hai regalato

in lingua originale

dovresti esserci tu prima di addormentarmi

lo leggo e non ci capisco nulla

un po’ come amare soltanto di pancia

rimandarsi a settembre e poi andare a lavorare

è il quarto comandamento il nostro inverno contento

cercando con forza il licenziamento per preservare quello che ci resta della libertà

di scegliere quando non vederci

di scegliere quando salvare il mondo noi che non sappiamo nemmeno prepararci il pranzo

salto un turno

mentre tu avanzi di uno sulla casella di questo gioco in scatola che è il diventare grandi

che sei sempre in treno

mi sfuggi tra i binari

buttarsi sotto per rallentarti

che sei sempre in macchina

ti nascondi negli autogrill

comprare tutte le strade per portarti a me

gli automobilisti accaldati senza storia sono ancora in colonna da ferragosto

con i vigili urbani congelati

i pronto soccorso addobbati

sono rimasti solo i vendirose a dirigere il traffico ai semafori

la nostra città è una serie infinita di serrande

non è colpa solo del lunedì

è colpa di chi fa l’ amore

per dimenticarti

in diciannove giorni e cinquecento notti

impossibile

tirare sassate alla luna

per modellare le nostre serate

in cui abbiamo scoperto che anche dio canta e incide dischi

si fa chiamare bon iver

gli ho urlato che non basterebbe il petrolio di tutte le russie

per risarcire

ventimila persone in cecenia che in questo momento cercano

un figlio una sorella un padre uno zio una nonna un fratello un cugino un cognato una madre

loro stessi

seminare resistenza

nei bar degli ospedali senza sedie e tavolini

che custodiscono le storie più struggenti

molto peggio della nostra

perché poi muoiono

non basterebbe l’ oro di tutte le californie

per comprarti

tu che sei la mia luce potabile

tu che sei il mio bunker emozionale

ora che ci bombardano mia cara

tremiamo come il giappone

con il nostro romanticismo d’ asporto

come quando senza te era tutto una perdita di tempo

che ci ripetevano non saremmo sopravvissuti

perché siamo casi difficili

perché qui si gela più dentro che fuori

perché siamo gli ultimi come sergio de caprio

fondamentalmente siamo tutti figli del sud

di chi si tonificava nelle ridenti miniere del belgio

fondamentalmente non siamo altro che nipoti del sessantotto

di chi si gustava quel particolare aroma a roma

ma riusciamo ancora a capire quanto siamo nella merda

ora che anche battiato è incazzato

tutto va per il meglio nel peggiore dei mondi possibili

ora che siamo grumi di vermi che insistono sul cadavere della seconda repubblica

scarti alla riscossa

con il dilemma sulla difficoltà di avere un padre o piuttosto esserlo

prima che il signore ordinasse ad abramo di ammazzare suo figlio proprio là

sulla statale sessantuno

oggi è tempo che la gioventù si sfoghi

cantiamo le parolacce in autostrada

scambiamo gli auguri di natale con il casellante di verona nord

viviamo con le pozzanghere di polvere in casa

riflettiamo con i microchip nel cervello e i pensieri sparsi sui pavimenti in rigoroso disordine

così io e te

e le battute di caccia nei supermercati

disinfettarci le ferite con un barile di gasolio in ribasso

operarci ai sentimenti in mare aperto

piangere non è poi così facile

ma parlare con gli occhi umidi forse è il solo modo che abbiamo di comunicare

e noi due mi ricordo che siamo stati anche felici

adesso invece non impietosisce più nessuno la nostra situazione di abbandonati

di abbandonati dalle cose dal mondo da noi stessi

stare soli sotto il sole a dimostrare che siamo senza ali

e che ancora non abbiamo trovato nulla che ci protegga dall’ amore.


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