UNA FORMA DI RESISTENZA COME TANTE ALTRE
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venerdì 29 gennaio 2010
lunedì 4 gennaio 2010
non mi tornano i conti perché sei il mio valore aggiunto (botte cerebrali di capodanno)
vedersi con il contagocce come fossimo una medicina
anche se poi muoriamo
allevando tumori
alleviando timori
siamo i più intelligenti animali domestici
ma in volo dal secondo piano non sopravviviamo
voglio andare a vivere in zona industriale dove i rifiuti li posso gettare nel giardino del vicino
che è la autodemolizioni più grande della regione
che è la gelosia più grande della ragione
come il mare che ti ho portato in pianura
dici che l’ amore è semplicemente fidarsi
dico che l’ amore è difficilmente fidarsi
dici che sono solo problemi miei
il confondere l’ amore con la vita
dico che abbiamo tempo
il sole non ci darà problemi per almeno un miliardo di anni
e adesso spogliati
di ciò che ti mette ansia e anche di qualche vestito non mi farebbe schifo
ho dentro più ricordi che se avessi mille anni
proiettiamoli in soggiorno questa sera
guardiamoli da lontano
come la mostra di hopper a milano
speravamo di vedere i nottambuli
in ognuno di noi
e la fine dignitosa di che guevara ci ricorda un personaggio di jack london
poi il libro di poesie di cortazar che mi hai regalato
in lingua originale
dovresti esserci tu prima di addormentarmi
lo leggo e non ci capisco nulla
un po’ come amare soltanto di pancia
rimandarsi a settembre e poi andare a lavorare
è il quarto comandamento il nostro inverno contento
cercando con forza il licenziamento per preservare quello che ci resta della libertà
di scegliere quando non vederci
di scegliere quando salvare il mondo noi che non sappiamo nemmeno prepararci il pranzo
salto un turno
mentre tu avanzi di uno sulla casella di questo gioco in scatola che è il diventare grandi
che sei sempre in treno
mi sfuggi tra i binari
buttarsi sotto per rallentarti
che sei sempre in macchina
ti nascondi negli autogrill
comprare tutte le strade per portarti a me
gli automobilisti accaldati senza storia sono ancora in colonna da ferragosto
con i vigili urbani congelati
i pronto soccorso addobbati
sono rimasti solo i vendirose a dirigere il traffico ai semafori
la nostra città è una serie infinita di serrande
non è colpa solo del lunedì
è colpa di chi fa l’ amore
per dimenticarti
in diciannove giorni e cinquecento notti
impossibile
tirare sassate alla luna
per modellare le nostre serate
in cui abbiamo scoperto che anche dio canta e incide dischi
si fa chiamare bon iver
gli ho urlato che non basterebbe il petrolio di tutte le russie
per risarcire
ventimila persone in cecenia che in questo momento cercano
un figlio una sorella un padre uno zio una nonna un fratello un cugino un cognato una madre
loro stessi
seminare resistenza
nei bar degli ospedali senza sedie e tavolini
che custodiscono le storie più struggenti
molto peggio della nostra
perché poi muoiono
non basterebbe l’ oro di tutte le californie
per comprarti
tu che sei la mia luce potabile
tu che sei il mio bunker emozionale
ora che ci bombardano mia cara
tremiamo come il giappone
con il nostro romanticismo d’ asporto
come quando senza te era tutto una perdita di tempo
che ci ripetevano non saremmo sopravvissuti
perché siamo casi difficili
perché qui si gela più dentro che fuori
perché siamo gli ultimi come sergio de caprio
fondamentalmente siamo tutti figli del sud
di chi si tonificava nelle ridenti miniere del belgio
fondamentalmente non siamo altro che nipoti del sessantotto
di chi si gustava quel particolare aroma a roma
ma riusciamo ancora a capire quanto siamo nella merda
ora che anche battiato è incazzato
tutto va per il meglio nel peggiore dei mondi possibili
ora che siamo grumi di vermi che insistono sul cadavere della seconda repubblica
scarti alla riscossa
con il dilemma sulla difficoltà di avere un padre o piuttosto esserlo
prima che il signore ordinasse ad abramo di ammazzare suo figlio proprio là
sulla statale sessantuno
oggi è tempo che la gioventù si sfoghi
cantiamo le parolacce in autostrada
scambiamo gli auguri di natale con il casellante di verona nord
viviamo con le pozzanghere di polvere in casa
riflettiamo con i microchip nel cervello e i pensieri sparsi sui pavimenti in rigoroso disordine
così io e te
e le battute di caccia nei supermercati
disinfettarci le ferite con un barile di gasolio in ribasso
operarci ai sentimenti in mare aperto
piangere non è poi così facile
ma parlare con gli occhi umidi forse è il solo modo che abbiamo di comunicare
e noi due mi ricordo che siamo stati anche felici
adesso invece non impietosisce più nessuno la nostra situazione di abbandonati
di abbandonati dalle cose dal mondo da noi stessi
stare soli sotto il sole a dimostrare che siamo senza ali
e che ancora non abbiamo trovato nulla che ci protegga dall’ amore.
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